15 maggio

La perdita dell’Africa mette in allarme gli alti comandi militari e preoccupa il re. Come uscire dalla guerra? Con Mussolini o senza? Qualcuno ha idee chiare: farlo fuori; è un generale: Giuseppe Castellano.

In tre note manoscritte il re Vittorio Emanuele raccoglie oggi le sue idee sullo stato della guerra1. È un quadro lucido e abbastanza esatto.

Le due prime pagine dell'appunto autografo di Vittorio Emanuele sulla situazione militare

Le due prime pagine dell’appunto autografo di Vittorio Emanuele sulla situazione militare.

Ecco il primo appunto:

 

“Stati a noi alleati

“1) Germania nel suo quinto anno di guerra è stanca e sfiancata; in Russia ha forze molto meno numerose di quelle sovietiche; occupa Francia, Belgio, Olanda, Danimarca, Norvegia, Polonia, Jugoslavia e Grecia; se nell’estate 1943 farà un offensiva a fondo verso la Russia, succederà come nel 1942 e in proporzioni maggiori, dato il maggiore logoramento dell’esercito tedesco. Fallita una nuova offensiva verso la Russia, potrebbe crollare il fronte interno tedesco.

“2) Slovacchia e Croazia vivranno se l’Asse vince; sono di nessun aiuto nella presente guerra.

“3) Ungheria e Rumenia2 sono militarmente a terra; molto incerta è la situazione interna rumena; in Ungheria si sviluppano forti correnti antitedesche.

“4) La Bulgaria teme la Russia; il suo esercito è scarso e solo utile per combattere contro la Turchia.

“5) II Giappone è totalmente occupato in Estremo Oriente e in India; non sembra che possa o voglia agire contro la Russia.

“Paesi occupati dalle forze dell’Asse3

“1) In Polonia non è finita la lotta dei partigiani contro i tedeschi.

“2) La Jugoslavia è in piena insurrezione.

“3) La Grecia è pronta a insorgere…

“4) In Francia, in Belgio, in Olanda avvengono attentati contro i tedeschi; forse questi paesi insorgerebbero contro i tedeschi se vi sbarcassero forze anglo-americane.

“5) In Danimarca e in Norvegia quasi tutti sono antitedeschi.

“Stati nemici

“1) L’Inghilterra e l’America dominano il mare; e sapranno far fronte alla campagna dei sommergibili dell’Asse. Hanno immense risorse di materie prime e molto danaro; la loro aeronautica diventa sempre più pericolosa per l’Asse.

“2) La Russia sembra sempre forte; ha molte materie prime, molti uomini e buoni capi militari e civili.

“Paesi neutrali

“1) La Turchia forse rimarrà neutrale fino al termina della lotta;

“2) La Spagna non aiuterà l’Asse; ne potrebbe anche diventare nemica.

“3) Il Portogallo è asservito agli inglesi.

“4) La Svizzera e la Svezia simpatizzano per gli alleati, ma il timore della Germania le mantiene neutrali”.

 

Il secondo appunto fa delle ipotesi sui possibili sbarchi angloamericani: in Spagna, in Provenza, in Grecia (Tracia) o in Italia (“La nostra situazione militare non è davvero lieta e dà molto da pensare”). Il terzo è di poche righe: “Bisognerebbe pensare molto seriamente alla possibile necessità di sganciare le sorti dell’Italia da quelle della Germania”.

Siamo a metà maggio. L’idea di una pace separata è nata in ambienti militari alla fine dell’anno scorso e si è confermata all’inizio di marzo, quando le truppe italotedesche erano in ritirata in Africa ed era facile prevedere quale sarebbe stata la conclusione. Proprio in quei giorni Vittorio Ambrosio, Capo di stato maggiore generale, aveva confidato il suo pensiero a Luca Pietromarchi4 con brutale franchezza: “Il nostro nemico è il tedesco”.

Vittorio Ambrosio ha preso il posto del generale Ugo Cavallero5 il primo di febbraio. A farlo promuovere (prima era Capo di stato maggiore dell’esercito) è stato Galeazzo Ciano su pressione di un ufficiale che godeva della sua amicizia e che di Ambrosio, quando era comandante della 2a armata in Jugoslavia, era stato ufficiale di stato maggiore; oggi è “ufficiale addetto” dello stesso Ambrosio: Giuseppe Castellano.

Giuseppe Castellano, nato a Prato nel 18936, è il più giovane ufficiale di stato maggiore dell’esercito italiano. Oltre ad essere buon amico di Galeazzo Ciano, ministro degli esteri fino al febbraio di quest’anno e poi retrocesso dal suocero Mussolini a ambasciatore presso la Santa Sede, ha anche stretti rapporti con Pietro Acquarone, ministro della Real Casa, senatore dal 1936 e nominato duca dal re. Castellano non è solo l’ufficiale che firmerà il 3 settembre a Cassibile il cosiddetto “armistizio corto”; è uno dei due grandi protagonisti delle vicende che porteranno alla fine di Mussolini come capo del fascismo; l’altro è Dino Grandi; buon terzo è il duca Acquarone.

Anche Ambrosio è convinto che la guerra è perduta e che l’unica cosa da fare è cercare una pace separata, ma il primo a ritenere che questo non si può fare con Mussolini al potere è Castellano; “Ambrosio” scriverà7 “era convinto che bisognava separarsi dall’alleato e concludere l’armistizio col nemico, ma voleva che questo passo fosse fatto dallo stesso Mussolini. Io, egualmente convinto di quella necessità, ritenevo che Mussolini non sarebbe mai giunto ad una simile conclusione, sia perché non aveva il coraggio di tenere un tale linguaggio a Hitler, sia perché ciò avrebbe significato la sua fine. Per questo ribadivo il concetto che bisognava eliminare il capo del governo anche senza riceverne l’ordine. Ambrosio non mi seguiva, naturalmente, su questa via, ché mai avrebbe preso una decisione del genere senza l’approvazione superiore”.

Per un alto militare l'”approvazione superiore” non può essere che quella del re. Ma il re? “Ciò che caratterizzava la personalità di Vittorio Emanuele” ha scritto Renzo De Felice8 “era un misto di profondo scetticismo e di estremo realismo, che non di rado sfociavano nel cinismo e che contribuivano a fare di lui un uomo per un verso estremamente lucido e freddo, per un altro verso, solitario e diffidente, che disprezzava sostanzialmente tutti e viveva la sua funzione come un dovere da compiere secondo regole rigide, da lui ridotte all’osso del formalismo più arido e assoluto, sentendone peraltro la sostanziale inutilità”.

E Ambrosio? “Come militare” è sempre Renzo De Felice che scrive “non si può certo dire che fosse un ‘fulmine di guerra’; sotto il profilo politico era poi pressoché inesistente”. La sua prudenza “si accompagnava a una professionalità e a un patriottismo che lo portavano a fare come Capo di stato maggiore generale e come italiano il suo dovere nel migliore dei modi possibile e persino, a qual punto della guerra, a non rinunciare totalmente all’idea o almeno alla speranza che vi potesse essere ancora una ridottissima possibilità di uscirne, se non proprio vittoriosi, neppure vinti”.

Castellano, no; si affida ai fatti ed è un uomo che sa decidere. Se è vero quello che si racconta9, già in marzo Castellano abbozza un piano per l’allontanamento di Mussolini, lo fa vedere a Ambrosio e a Acquarone e lo fa sapere a Ciano; e il 12 di aprile lo conferma – è lui stesso che lo dice10 – parlandone ancora con Ambrosio, di ritorno dal castello di Klessheim, dove Mussolini e Hitler hanno passato quattro giorni, dall’8 al 10, senza concludere niente.

Il castello di Klessheim è vicino a Salisburgo; fu costruito nei primi anni del Settecento come “Lustschloss” (“castello di piacere”) per l’arcivescovo-principe Ernst Thun. Oggi è un casinò. Dell’incontro di aprile i cronisti danno un quadro terribilmente triste: le colazioni a base di latte e biscotti di Mussolini, che attraversava uno dei momenti più gravi del suo male di stomaco; Mussolini e Hitler “erano tutti e due lividi, i lineamenti contratti, gli occhi spenti. I delegati italiani li videro passare con sbigottimento. ‘Sembrano due malati’ disse uno; ‘Dica piuttosto due cadaveri'”11.

“Non abbandoneremo mai l’Africa. Le mie truppe faranno di Tunisi la Verdun del Mediterraneo” sembra abbia detto Hitler, accennando anche a un'”arma di nuovo tipo” (la bomba atomica?). E Mussolini, scettico: non converrebbe fare un accordo separato con Stalin? e magari invitare la Spagna di Franco a entrare in guerra?

Era proprio quello che il generale Castellano aveva definito irreale in un promemoria al suo capo, il generale Ambrosio. Ora anche Ambrosio cominciava a crederlo. Reduce da Klessheim, Ambrosio – scriverà Castellano12 – era disgustato della “insipienza e testardaggine” di Mussolini e dal suo rifiuto di compiere un passo energico verso Hitler: “Con quell’uomo non si giungerà mai a nulla”. Allora – è sempre Castellano che scrive – “Non rimane che farlo fuori”. E Ambrosio: “Mi faccia un progetto”.

Castellano non perde tempo. Il progetto, scriverà Castellano, “battuto a macchina dal tenente colonnello De Francesco, comprendeva tre parti: nella prima erano elencate le misure da prendere in precedenza per fronteggiare l’eventuale reazione fascista; nella seconda parte gli atti da compiere per la cattura del capo e dei suoi più pericolosi seguaci in tutta Italia; nella terza le misure di indole militare per opporsi a una probabile reazione tedesca”.

Ambrosio legge il progetto, lo approva (è sempre Castellano che lo scrive), lo tiene in tasca ventiquattro ore e poi lo restituisce. È prematuro.

È prematuro anche per il duca Acquarone, a cui Ambrosio ha fatto vedere il documento. È, ancora, prematuro per tutti, anche se il malessere e lo scontento crescono in seno agli alti vertici militari. Il 2 maggio una “minuta di verbale”13 esprime la negativa reazione del Comando Supremo all’ordine di Mussolini di rifornire a qualunque costo la Tunisia con navi da guerra. Quattro giorni dopo, le truppe angloamericane entrano a Tunisi e a Biserta. L’11 è la resa. L’Africa è perduta. Duecentomila sono i soldati italiani e tedeschi uccisi o feriti o fatti prigionieri.

Tutto questo spiega i tre appunti che Vittorio Emanuele ha scritto stamani di sua mano.


1 In Storia della repubblica di Salò di Frederick W. Deakin, Einaudi, 1963. Le note furono trovate – sembra – sullo scrittoio del re al Quirinale dopo l’8 settembre; vennero pubblicate per la prima volta il 25 aprile 1945 sulla rivista “La vita italiana”.

2 È la grafia prevalente in quei tempi (dal francese “Roumanie”) di Romania. Per ricordare la discendenza da Roma, i romeni hanno sempre preferito la grafia “Romania”. La grafia ufficiale è “România”, pronunziata rominìa.

3 Col termine “Asse” ci si riferiva allora al così chiamato “Asse Roma-Berlino”, cioè al patto stipulato nell’ottobre del 1936 fra l’Italia fascista e la Germania nazista. Successivamente, con l’allargamento dell’alleanza, l’espressione “potenze dell’Asse” indicava, oltre alla Germania e all’Italia, l’Ungheria, la Romania, la Bulgaria e, finché non fu invasa nel 1941, la Jugoslavia.

4 Diplomatico di carriera, Luca Pietromarchi occupò posti chiave nel gabinetto di Galeazzo Ciano nel ministero degli affari esteri. Capo dell’Ufficio Spagna durante la guerra spagnola, era il capo dell’Ufficio armistizio e pace durante la guerra. Nel 1950 fu ambasciatore in Turchia e nel 1958 a Mosca. Il suo diario è conservato nell’Archivio Pietromarchi; la citazione è in Renzo De Felice, Mussolini l’alleato, Einaudi, 1990; un’altra citazione del diario: “Un cambiamento della situazione interna non può avvenire che in quattro modi: o per decisione del Duce o per atto del sovrano o per moto di popolo o per effetto dell’invasione”.

5 Capo si stato maggiore generale dal 5 dicembre 1940, maresciallo d’Italia dal 1o luglio 1942, Cavallero verrà fatto arrestare da Badoglio dopo il 25 luglio; liberato dai tedeschi il 12 settembre, verrà trovato morto nel giardino dell’hotel Belvedere di Frascati il 14 novembre. Si veda la giornata del 14 settembre.

6 Al generale Castellano la città di Prato ha dedicato un piazzale il 22 novembre del 2004, tra via del Romito e via Pomeria. Alla cerimonia hanno partecipato i rappresentanti delle associazioni militari e di quelle partigiane. Castellano è morto a Porretta, in provincia di Prato, il 31 luglio del 1977.

7 In Come firmai l’armistizio di Cassibile, già citato.

8 In Mussolini l’alleato, già citato.

9 In Come firmai l’armistizio di Cassibile, già citato.

10 Ibidem

11 Così scriverà Antonio Pozzi, medico personale di Mussolini, in Così li ho visti io, Mondadori, 1947.

12 In Come firmai l’armistizio di Cassibile, già citato.

13 In Frederick W. Deakin, Storia della repubblica di Salò, già citato.