29 aprile

I grandi industriali, preoccupati dalle possibili conseguenze della prevedibile sconfitta, discutono di come persuadere Mussolini a chiedere una pace separata. E la principessa Maria José cerca di accordare l’azione dei vari gruppi antifascisti.

Mussolini decide di far fuori dalla presidenza della Confindustria Giuseppe Volpi e domani metterà al suo posto quello che dal 1936 ne era il direttore generale, il cinquantenne Giovanni Balella. Volpi è stato governatore della Tripolitania dal 1922 al 1925 e alla sua partenza da Tripoli il re lo ha nominato conte di Misurata. Dal 1925 al 1928 è stato ministro delle finanze. Si è dimostrato un buon fascista e Mussolini ha visto in lui non solo non solo un promotore degli interessi del capitalismo col regime, ma anche un garante del sostegno e della collaborazione del mondo industriale. La classe imprenditoriale non può lamentarsi; ha ricevuto appoggi, incentivi, benefici e, con la guerra, grandi commesse.
Ma i tempi sono cambiati. Con la sperata vittoria c’era da temere una colonizzazione tedesca dell’Italia; con la sconfitta, ormai sicura, è apparso un pericolo: il comunismo. Gli scioperi nelle fabbriche del Nord hanno dato il segnale di una possibile evenienza. Solo gli angloamericani possono dare una mano.
Che in Confindustria ci sono delle novità Mussolini l’ha capito. E forse ha saputo che il13 di questo mese in casa di Vittorio Cini si sono riuniti proprio lui, Volpi di Misurata, Galeazzo Ciano, suo genero, e Giuseppe Bottai; e hanno tutti parlato di disastro imminente (1). Che fare?
Chi si impegna di più è Alberto Pirelli (2). Ha abbandonato la frequente consuetudine di incontrarsi con Mussolini e ha cercato all’estero, dove si reca per presunti o effettivi motivi di lavoro, possibili collegamenti con gli angloamericani. In Italia ha cominciato a discutere il problema con i sodali Cini, Volpi, Donegani (3); anche col cardinale Luigi Maglione, segretario di stato in Vaticano, e col ministro della Real Casa Pietro Acquarone. Qualche contatto con Giuseppe Bastianini, che è il sottosegretario di Mussolini agli esteri (4).
Il progetto è di persuadere Mussolini a convincere Hitler di ritirare le sue truppe dall’Italia e permettere all’Italia di chiedere un armistizio agli angloamericani. E’ un progetto folle: inaccettabile da Mussolini, inaccettabile da Hitler, inaccettabile anche dagli angloamericani. Bastianini aveva suggerito a Mussolini di parlarne con Hitler a Salisburgo; Mussolini si è guardato bene dal chiederlo; non ha insistito neppure nella proposta di una pace separata con la Russia. Gli Alleati, poi, l’hanno dichiarato chiaramente a Casablanca in gennaio: resa senza condizioni; figuriamoci se avrebbero accettato un armistizio con Mussolini.
Anche Giuseppe Bottai pensa a una soluzione che non escluda Mussolini, e ne ha parlato con Carlo Scorza, segretario del Partito fascista, e anche col sottosegretario Bastianini. Ma con una alternativa: “Tertium non datur. O tutti con Mussolini, sia pure costretto ad agire con noi, nell’estremo tentativo di dare un governo della difesa all’Italia, o tutti con Mussolini nel lasciare al re di tentare lui quella difesa”. (5)
Ma ci sono i tedeschi, osservano tutti. E Bottai risponde: “Mussolini dovrebbe ottenere da loro in extremis che non tormentino il paese; il re ottenere dagli altri l’eguale. Realizzare una neutralità assoluta. Metterci fuori del tutto. Ricominciare la vita e la storia da una solitudine chiusa e disperata”.
Molto più realistica è la principessa di Piemonte, Maria José, moglie di Umberto principe ereditario. Già da tempo si è messa in contatto con i vari gruppi contrari al fascismo, quelli dell’aristocrazia senatoria e intellettuale (Alberto Bergamini, Alessandro Casati, Vittorio Emanuele Orlando, Marcello Soleri, Benedetto Croce), quelli economici e militari (Raffaele Mattioli, Enrico Cuccia, Enrico Caviglia, Paolo Thaon de Revel) e anche con quelli più propriamente politici (Ivanoe Bonomi, Giuseppe Spataro, Umberto Zanotti Bianco, Alcide De Gasperi, Ugo La Malfa, Meuccio Ruini, Carlo Antoni). In Vaticano va ogni tanto a trovare monsignor Giovanni Battista Montini, sostituto della Segreteria di stato di papa Pio XII, e al Quirinale si incontra di frequente col ministro della Real Casa Pietro Acquarone. Non il suocero re, che non l’ha in simpatia e in agosto, avendo saputo di nuovi contatti suoi con esponenti dell’antifascismo, la manderà in villeggiatura nella poco frequentata residenza estiva di Sant’Anna di Valdieri sulle Alpi Marittime.
Nei suoi interlocutori Maria José trova più o meno drastica la proposta di una soluzione radicale: la liquidazione di Mussolini. Ma il re, almeno per ora, la esclude. La esclude anche lo stesso Dino Grandi, presidente della Camera fascista, che sta preparando il suo ordine del giorno da presentare al Gran Consiglio e ne parla con Bottai (5). E’ incerto fra due soluzioni, una meno, una più dura: restituire al re i poteri militari lasciando a Mussolini quelli politici di primo ministro oppure tutti i poteri al re, in un gesto – dice – di “umana comprensione da parte del regime fascista, del suo capo e dei suoi uomini”. (6)
Le discussioni e i progetti più razionali si fanno, come vedremo, al Comando Supremo, Badoglio, tuttavia, dice sempre di non volere far niente senza il consenso del re. Ambrosio, il capo di Stato Maggiore generale, è molto prudente (non è un’aquila né un “fulmine di guerra”, dice De Felice). Idee molto chiare ce l’ha invece il generale Castellano, vice di Ambrosio, più intelligente, attivo e spregiudicato del suo capo. Su richiesta di lui ha scritto un piano per eliminare Mussolini (7). In confidenza dice che non si deve escludere la soppressione fisica del Duce e si offre di esserne l’esecutore.
Al generale Castellano, che il 3 settembre, firmerà a Cassibile (8) l’armistizio, la pubblicistica non dà, in genere, molta importanza; ma a Prato, sua città natale, gli hanno dedicato una strada.

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(1) Ne parla Bottai nel suo “Diario 1935-1944”, BUR 1989.

(2) La genealogia della famiglia Pirelli è piuttosto complicata. Il fondatore (1872), amministratore unico e presidente della società Pirelli (gomma, pneumatici e cavi elettrici) è Giovanni Battista (1848-1932); ingegnere meccanico, cavaliere del lavoro (1902), senatore del regno (1909), presidente della Confindustria (1919). Ebbe otto figli; i più impegnati nell’azienda il primo, Piero (1981-1956), come presidente e il secondo, Alberto (1982-1971), che fu presidente della Confindustria nel 1934. Un altro Pirelli è Leopoldo (1925-2007), figlio di Alberto, stato presidente del gruppo Pirelli e vicepresidente di Confindustria (1974).

(3) Tutti grandi imprenditori, tutti compromessi, nel passato, col fascismo. Vittorio Cini (1885-1977)) autore di grandi iniziative a Venezia (Sade, elettricità; Ciga, turismo, porto di Marghera, comunicazioni e trasporti); senatore nel 1934, commissario nel 1936 dell’Ente esposizione uiversale di Roma (E42), ministro delle comunicazione nell’utimo governo Mussolini (febbraio 1943) e dimissionario dopo quattro mesi (si veda anche la biografia nella nota 1 dell’11 aprile). Giuseppe Volpi (Venezia 1877-Roma 1947), intraprendente finanziere in Montenegro prima del fascismo, governatore della Tripolitania nel 1921, promotore della mostra cinematografica di Venezia. Guido Donegani (1877-1947) presidente della Banca Commerciale Italiana e della Montecatini; deputato nel 1921; membro della Camera dei Fasci e delle Corporazioni; senatore nel 1943.

(4) Alberto Pirelli annotò su foglietti volanti, finché una paralisi non gli tolse l’uso della mano destra nel 1959, cose dette o ascoltate. Col nome di “Pirelli. Taccuini 1922-1943” i testi sono stati pubblicati dal “Mulino” nel 1984.

(5) Nel già citato “Diario 1935-1944”.

(6) Così nel “Diario” già citato.

(7) Si veda la giornata del 15 maggio.

(8) Si veda la giornata del 3 settembre.