13 settembre

Radio Bari, la vecchia stazione dell’Eiar fascista, è stata occupata dagli intellettuali baresi che si ispirano a Benedetto Croce. Direttore è un ufficiale inglese del PWB, studioso di Croce

“Guerra di liberazione”. Queste tre parole con cui verrà chiamata la lotta delle forze antifasciste italiane al fianco degli inglesi e degli americani contro la Germania nazista si sono ascoltate oggi da Radio Bari. E’ la prima volta; le ha dette un magistrato ed esponente del Partito d’azione, Michele Cifarelli1, ai microfoni dell’emittente radiofonica dell’Eiar che per anni è stata, in serbocroato e in arabo, uno strumento di propaganda del Fascismo nei Balcani e nel Medio Oriente e tre giorni fa, il 10, è stata occupata dagli antifascisti baresi. E’ ora la prima stazione radiofonica dell’Italia libera2.
La lotta per liberare il paese dalla dittatura fascista e dall’occupazione tedesca è il tema che Michele Cifarelli ha affrontato nella conversazione di stasera dopo il giornale radio delle 20: una guerra di liberazione per tutti i popoli delle Nazioni Unite; anche per l’Italia.
Due giorni fa, l’11, Radio Bari ha trasmesso il proclama col quale il re, arrivato il giorno prima a Brindisi, ha cercato di giustificare la sua fuga da Roma3 e il 21 trasmetterà il discorso con cui Badoglio risponde al discorso di Mussolini4, ma i rapporti col governo del cosiddetto “Regno del sud” non sono buoni. Badoglio teme gli antifascisti, tutti antimonarchici, che curano la parte culturale dell’emittente e ne vorrebbe l’allontanamento, soprattutto di Cifarelli. Cifarelli e gli altri troveranno tuttavia un aiuto insperato nell’ufficiale inglese che, responsabile del PWB, che è il reparto alleato della propaganda, è sbarcato ieri a Taranto e domani assumerà il controllo di Radio Bari. Si chiama Jean Greenlees ed è un conoscitore e studioso dell’opera di Benedetto Croce, proprio il pensatore a cui si ispirano gli intellettuali baresi, vissuti all’ombra della sua casa editrice, la Laterza.
“Ci riunimmo tutti” ha ricordato Greenlees5 “e decidemmo di cominciare subito le trasmissioni, dapprima modeste e fatte soprattutto di notizie, poi di commenti politici”. Non fu facile. Il 25 il governo Badoglio ordinò di estromettere dalla Radio Michele Cifarelli. Greenlees così lo racconta6: “Un giorno, tornato in ufficio, trovai un tentativo da parte delle autorità locali per impedire di parlare a Cifarelli e agli altri. Subito spiegai che quella era una radio libera, di cui ero io il direttore”.
La rubrica più importante si chiama “Italia combatte” ed è un panorama della situazione politico-militare e della guerra partigiana. Tra i redattori ci sono un giovane ufficiale italiano, Giorgio Spini7, e un giornalista, già all’Eiar, Antonio Piccone Stella8. In redazione c’è anche la scrittrice Alba de Cespedes9.
In ottobre collaborerà alle rubriche politiche il ventisettenne Aldo Moro, libero docente di diritto penale all’università di Bari10. Nel suo primo intervento si rivolgerà ai giovani: “Troppe volte, specie negli ultimi anni, c’è stato chi, pur coscientemente sapendo di dire il falso, ha parlato per voi. Voi siete apparsi i credenti di una fede che non sentivate, i sostenitori di una causa che non era la vostra. Oggi, nell’ora della rinascita della patria, voi siete presenti e attivi col vostro vero cuore in questa dolorosa primavera. Voi siete anzi, di questo tempo di riscossa, non solo gli artefici insostituibili, ma gli anticipatori. Il vostro sforzo, sorretto dalle forze armate degli Alleati, ridarrà all’Italia la sua libertà”.
A partire dal 13 dicembre Radio Bari trasmetterà dalle 6 del mattino fino alle 2 della notte con nuove rubriche fra cui la voce dei partiti, la voce dei giovani e la voce dei lavoratori.


1Michele Cifarelli (Bari 1913 – Roma 1998) fu fondatore del Partito d’azione e poi parlamentare del Partito repubblicano per quattro legislature. Sottosegretario al commercio con l’estero nel quinto governo Andreotti e sottosegretario all’agricoltura nel quarto governo Rumor. Fu anche tra i fondatori di “Italia nostra”, di cui fu per molti anni vicepresidente.

2 Radio Palermo aveva ripreso a trasmettere il 5 agosto, ma completamente in mano alleata, gestita da militari americani emigrati o figli di emigrati dall’Italia, che parlavano in dialetto siciliano.
Un’altra libera stazione radiofonica italiana fu Radio Sardegna, che cominciò a trasmettere il 10 ottobre. Era una apparecchiatura militare dell’esercito regio e cominciava le trasmissioni con le prime note dell’inno “Cunservet Deus su Re” e poi: “Qui Radio Sardegna, libera voce d’Italia fedele al suo re”.

3 Si veda la giornata dell’11 settembre.

4 Si veda la giornata del 21 settembre.

5 Dal libro “Radio Bari nella Resistenza italiana” di Vito Antonio Leuzzi e Lucia Schinzano.

6 Idem.

7 Giorgio Spini (Firenze 1916 – Firenze 2006), di fede valdese, è stato storico, docente di storia all’università di Messina (1959) e poi di Firenze (1960); padre di Valdo, deputato socialista, sottosegretario e ministro.

8 Antonio Piccone Stella, nato a Torricella Peligna nel 1916, fu dal 1948 al 1962 direttore generale delle trasmissioni giornalistiche della Rai; direttore del primo giornale radio e nel 1963 direttore del primo telegiornale.

9 Alba de Cespedes (Roma 1911 – Parigi 1997), madre romana e padre l’ambasciatore di Cuba in Italia, scrittrice, poetessa, autrice di testi per il cinema, il teatro e la televisione.

10 Aldo Moro (Maglie 1916 – Roma 1978), cinque volte presidente del consiglio dei ministri, segretario politico e presidente del consiglio nazionale della Democrazia Cristiana. Rapito il 16 marzo 1978 e ucciso il 9 maggio dalle Brigate Rosse.

13 settembre – Di più

A Bari il 28 e 29 gennaio 1944 si svolse il primo congresso dei partiti antifascisti. Nel quarantesimo anniversario la “Gazzetta del Mezzogiorno” di Bari così lo ha ricordato:
“Le forze politiche dell’antifascismo, dopo il 25 luglio 1943 e le convulse vicende armistiziali, posero con forza, nel “Primo congresso antifascista dell’Europa liberata”, la questione del ritorno dell’Italia nell’alveo delle liberal-democrazie e il radicale cambiamento istituzionale, dopo la guerra rovinosa voluta dal Fascismo e dalla Monarchia.
“Il congresso, ostacolato da Badoglio e dalle forze monarchiche, ma con l’assenso degli Alleati, si svolse a Bari il 28 e 29 gennaio 1944. Dal capoluogo pugliese si alzò la prima voce libera in un paese per due terzi occupato dalle truppe naziste. I lavori furono introdotti dal giudice Michele Cifarelli, segretario del Cln di Bari, che dette lettura dei messaggi di Roosevelt, Stalin, Chiang Kai-shek, e da un denso e importante discorso di Benedetto Croce, che, schierato su posizioni liberali e moderate, propose la liquidazione del re, corresponsabile della guerra e dell’avvento di Mussolini. Tra i diversi interventi ebbe un forte rilievo quello di Tommaso Fiore, che denunciò le molteplici responsabilità della Monarchia, ribadendo la funzione del congresso, che rappresentava i sentimenti più autentici del popolo italiano.
“Il sostegno più forte al congresso di scaturì dal mondo dell’informazione, dai numerosi giornalisti italiani e stranieri che si trovavano a Bari, e soprattutto dai responsabili del PWB (ufficio della guerra psicologica), in particolare il maggiore inglese Greenlees, che riuscirono ad inviare a Londra la registrazione del discorso di Croce, messo in onda immediatamente da Radio Londra. Si autorizzò, inoltre, Alba De Cespedes che con lo pseudonimo di Clorinda era la voce di “Italia Combatte”, la rubrica che aveva la funzione di sostenere la resistenza al Nord, a trasmettere un commento delle assise baresi.
“Questo congresso – disse Clorinda – è stato la prima riunione ufficiale dei partiti d’opposizione. Andai lì ad assistere, seduta in un palco. Perché la riunione si svolse al teatro Piccinni, un teatro tutto rosso e d’oro adatto alle nozze di Figaro o al Barbiere di Siviglia. Io ero mossa come quando si vede una persona che è stata lungamente malata, sul punto di morire addirittura, uscire finalmente a muovere i primi passi al sole. E avevo anche dentro di me la sensazione di fare cosa proibita, non potevo ancora abituarmi all’idea che in Italia, ormai, ognuno poteva fare e dire quel che voleva. Quando vidi Benedetto Croce – del quale avevo appreso attraverso i libri ad avere tanto rispetto ed amore – entrare sul palcoscenico come un ometto, con un paltoncino marrone e posare il cappello sul tavolino, semplicemente, senza nessuno attorno a lui che s’affannasse ad aiutarlo, e quando lo vidi leggere il suo discorso confidenzialmente, alzando un poco gli occhi sul pubblico, lo udii dire così semplicemente, la libertà, come avrebbe detto una parola qualunque, una di quelle parole che gli spiriti liberi sono abituati a pronunciare con dimestichezza, allora mi gettai ad applaudire furiosamente”.