11 ottobre

I tedeschi trasferiscono da Roma in Germania la biblioteca del Collegio Rabbinico e la biblioteca della Comunità ebraica. Vestito con l’uniforme di capitano delle SS, un professore berlinese esperto di ebraismo sovrintende con passione e competenza al delicato sequestro.

“Una strana figura, sulla quale si vorrebbero avere più ampi ragguagli, appare l’11 ottobre nei locali della Comunità. Accompagnato anche lui da una scorta di SS, al vederlo si direbbe un ufficiale tedesco come tutti gli altri, con quel più di arroganza che gli dà l’appartenere a una ‘specialità’ privilegiata e tristemente famosa. Tutto divisa, anche lui, dalla testa ai piedi: quella divisa attillata, di un’eleganza schizzinosa, astratta e implacabile, che inguaina la persona, il fisico ma anche e soprattutto il morale, con un ermetismo da chiusura-lampo”.

Così lo scrittore Giacomo Debenedetti1 descrive la figura dell’ufficiale delle SS che stamani ha cominciato l’opera di sequestro e di trasferimento in Germania di tutto il contenuto delle due biblioteche della comunità ebraica. “È la parola ‘verboten’ tradotta in uniforme” continua De Benedetti; “proibito l’accesso all’uomo e all’individuale passato che vive in lui, che è la sua storia e la sua più vera ‘specialità’ di creatura di questo mondo, proibito vedere altro che questo suo ‘presente’ rigoroso, automatico, intransigentemente reciso”.

La vicenda è cominciata la mattina del 29 settembre, il giorno cioè immediatamente seguente a quello della consegna dell’oro2. La sinagoga sul Lungotevere Cenci, nella quale sono sistemati anche gli uffici di amministrazione della Comunità e le biblioteche del Collegio Rabbinico e della Comunità ebraica, è stata circondata di primo mattino da un cordone di SS. Ogni uscita è stata bloccata e agli impiegati è stato intimato di non muoversi dai loro posti. Quindi, senza che venisse notificata o esibita alcuna ordinanza delle Autorità germaniche, un gruppo di ufficiali e sottufficiali tedeschi dei quali alcuni esperti nella lingua ebraica, ha perquisito tutti i locali, dai sotterranei alla cupola.

Scopo della perquisizione – come dichiarano al Presidente della Comunità Ugo Foà i funzionari della polizia tedesca – è quello di trovare e sequestrare corrispondenza e documenti riservati di qualsiasi genere. I documenti non sono trovati perché inesistenti. Nella cassaforte sono 2.021.540 lire, versate dai correligionari in occasione della raccolta dell’oro; anche questo denaro è prelevato su ordine telefonico dell’ambasciata tedesca all’ufficiale che dirige l’operazione e che si mostrava personalmente disposto a non toccarlo. Questa somma va aggiunta, nel danno pecuniario sofferto dalla Comunità, agli altri milioni, oltre 16, corrispondenti (al tasso medio del 29 settembre 1943) al valore dell’oro consegnato il giorno precedente3.

La perquisizione non ha portato alla scoperta di nessun carteggio segreto o comunque di carattere proibito, ma ciò non ostante gran parte del materiale d’archivio, tutta la corrispondenza, i registri, i libri dei verbali di Consiglio e di Giunta, i ruoli dei contribuenti con relative cartelle sono stati sequestrati. Insieme ai fascicoli i tedeschi hanno preso anche i cassetti nei quali erano ordinati. Un grosso camion è appena sufficiente per caricare tutto quel materiale.

Le visite sono continuate e si sono ripetute per più giorni: poi, il 1o ottobre due ufficiali4 – uno dei quali, in divisa di capitano, si è qualificato come professore di lingua ebraica in un Istituto superiore di Berlino – hanno ispezionato le due biblioteche della Comunità e del Collegio, poste ai piani superiori dell’edificio della sinagoga. L’altro dei due, un tenente, è tornato stamani e, dubitando che qualche volume della biblioteca possa essere stato rimosso, non ha esitato a minacciare di morte la segretaria della Comunità, Rosina Sorani, da lui considerata responsabile di eventuali ammanchi di volumi.

Giacomo Debenedetti continua così il suo racconto: “Mentre i suoi uomini cominciano a buttare all’aria la biblioteca del Collegio Rabbinico e quella della Comunità, l’ufficiale con mani caute e meticolose, da ricamatrice di fino, palpa, sfiora, carezza papiri e incunaboli, sfoglia manoscritti e rare edizioni, scartabella codici membranacei e palinsesti. La varia attenzione del tocco, la diversa cautela del gesto sono subito proporzionate al pregio del volume. Quelle opere, per la maggior parte, sono scritte in remoti alfabeti. Ma ad apertura di pagina, l’occhio dell’ufficiale si fissa e illumina, come succede a certi lettori particolarmente assistiti, che subito sanno trovare il punto sperato, lo squarcio rivelatore. Tra quelle mani signorili, come sottoposti a una tortura acuta e incruenta, di un sottilissimo sadismo, i libri hanno parlato”. Ecco però: “Un colpo secco della chiusura-lampo, e la divisa ha rinserrato il semitologo, che è ridivenuto un ufficiale delle SS. Ordina: se qualcuno tocca o nasconde o asporta uno solo di questi libri, sarà passato per le armi, secondo la legge di guerra tedesca. Poi se ne va. I suoi tacchi scandiscono gli scalini”.

Ormai è chiara l’intenzione del Comando tedesco di impossessarsi della Biblioteca e stamani i due presidenti Foà e Almansi avvertono d’urgenza del pericolo tutte le Autorità Italiane preposte alla conservazione del patrimonio nazionale. In particolare sono avvertiti i ministeri dell’educazione nazionale (Direzione generale delle biblioteche) e degli interni (Direzione generale dei culti, Direzione generale della P.S. e Direzione dell’amministrazione civile). Nessuno però si muove, né mostra di avere ricevuto quell’avvertimento che avrebbe dovuto mettere in allarme chi avesse avuto a cuore il patrimonio culturale italiano

Il saccheggio della biblioteca della Comunità, una fra le più ricche d’Europa per quanto concerne gli studi ebraici e di quella del Collegio Rabbinico Italiano, avverrà fra due giorni, il 13: e il 14 il saccheggio è compiuto. Il furto è eseguito sotto la direzione dei professori tedeschi in divisa di ufficiali. Data la mole ingente del materiale. sono adoperati due carri ferroviari fatti giungere davanti alla sinagoga sui binari della linea tramviaria che costeggia l’edificio. In essi i libri sono disposti ordinatamente a strati, interponendo fra essi fogli di carta ondulata, dai facchini della ditta “Otto & Rosoni”5. I carri sono sigillati e spediti in Germania. Il personale della Comunità che aveva assistito senza aver modo di opporvisi, annota i numeri dei carri: D R P I – Munchen – 97970 G e D R P I – Munchen – 97970 C.

Il saccheggio sarà completato il 23 dicembre con il carico della parte residua della biblioteca del Collegio Rabbinico su un terzo vagone con destinazione Francoforte.6


1 In 16 0ttobre 1943, Saggiatore, 1959

2 Si veda la giornata del 28 settembre.

3 In totale gli oltre 18 milioni di lire 1943 corrispondono a circa 550 milioni di euro 2008 (ultimo dato disponibile di conversione). Questa ed altre notizie sono tratte dalla relazione scritta da Ugo Foà nella qualità di presidente della Comunità israelitica di Roma, mentre infieriva la persecuzione tedesca e correva pericolo di essere catturato ed ucciso.”La scrissi, quantunque il farla fosse assai rischioso, perché volevo che, se io fossi stato preso ed ucciso, fosse ugualmente rimasta una documentazione ufficiale delle violenze e delle atrocità consumate dai nazisti in danno della Comunità da me presieduta. in modo che le responsabilità fossero precisate e sussistesse per la Comunità stessa un titolo a chiedere alla Germania, se ed in quanto possibile, il risarcimento dei danni sofferti. La persona a cui affidai questo documento perché lo custodisse aveva il mandato di consegnarlo in caso di mia morte o deportazione al Comando delle truppe alleate, quando queste fossero entrate in Roma. Poiché l’Altissimo Dio mi concesse di vedere Roma liberata questa consegna la eseguii io stesso. Aggiungo per ultimo un chiarimento. La presente relazione è datata 15 novembre 1943. Non si fa quindi in essa parola delle persecuzioni ulteriormente patite dagli israeliti romani”. Il testo integrale della relazione si può leggere sul sito www.anpi.it.

“Diciotto anni dopo – è scritto in “Ottobre 1943: cronaca di una infamia, a cura della Comunità israelitica di Roma, 1961″ — la Repubblica federale tedesca, in esecuzione di quanto deciso dalla Corte di restituzione creata dal trattato di pace, ha effettuato a questa Comunità stessa, di fronte a quanto da essi fu estorto ed asportato, il versamento di 2.500.000 DM”.

Nel presentare la pubblicazione, il Consiglio della Comunità rilevava che “nell’autunno di quest’anno 1961 (5722 del calendario ebraico), può dirsi che, in un certo senso, si compie un ciclo storico nelle vicende della Comunità israelitica di Roma: il Governo della Repubblica federale germanica ha infatti restituito alla comunità l’equivalente legale dell’oro rapinato il 26-28 settembre 1943 dalle SS tedesche e di parte del valore venale della storica biblioteca, depredata il 13 ottobre successivo, dall’invasore in nome della civiltà e della Kultur naziste.

4 Gli ufficiali sono stati identificati in base a ricerche al Bundesarchiv di Berlino per il dott. Johannes Pohl e per il dott. Grunewald.

5 Il 17 aprile 1961, in una lettera indirizzata all’allora presidente della Comunità israelitica di Roma Fausto Pitigliani, la ditta “Otto & Rosoni” scrisse che i volumi caricati erano circa 25.000, di cui circa un terzo apparteneva alla biblioteca della Comunità.

6 Alla fine della guerra una parte della biblioteca del Collegio Rabbinico, custodita in 54 casse, sarà recuperata grazie all’opera della Missione italiana per le restituzioni, che ne ha curato il trasferimento dal Central Collecting Point di Monaco di Baviera a Bolzano; le casse provenivano dall’Offenbach Archival Depot Office of Military Government sotto la giurisdizione degli USA. Della biblioteca della Comunità ebraica romana saranno invece perse le tracce .

11 ottobre – Di più

– Il testo che segue è stato tratto dal rapporto sull’attività della Commissione per il recupero del patrimonio bibliografico della Comunità ebraica di Roma razziato nel 1943. La Commissione è stata istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con decreto del 26 novembre 2002 ed ha concluso i suoi lavori il 26 febbraio 2009.

Il problema del ritrovamento del patrimonio librario ebraico era stato riproposto dalla precedente “Commissione Anselmi”, istituita dal governo italiano nel 1998, con il mandato di fornire un quadro conoscitivo delle spoliazioni perpetrate a danno di cittadini ebrei durante il periodo della persecuzione nazifascista.

Nel rapporto è scritto che la razzia compiuta dai nazisti nelle due biblioteche ebraiche di Roma rientrava nel disegno del regime nazionalsocialista di appropriarsi del patrimonio librario dei paesi europei occupati ed in particolare di quello degli ebrei e dei massoni, classificati come “nemici del Reich”. Si calcola che tra il 1939 e il 1945 furono razziati nell’Europa occidentale e in Germania circa tre milioni di libri.

La Commissione ha rilevato che “nell’accettare l’incarico, era ben consapevole delle gravi difficoltà della ricerca, dovute soprattutto al fatto che della biblioteca si era perduta qualsiasi traccia dopo che era stata caricata, per destinazione sconosciuta, su vagoni ferroviari dei quali si conosceva solamente la sigla e l’appartenenza alle ferrovie germaniche. Tanto che, nella pur vasta bibliografia relativa alle depredazioni compiute dai nazisti, non si trovava alcuna menzione della Biblioteca romana”.

Durante la seconda guerra mondiale i nazisti, oltre a perseguire lo sterminio degli ebrei, saccheggiarono sistematicamente biblioteche ed archivi appartenenti a istituzioni o a privati nemici del regime. Il saccheggio faceva parte di un vasto programma politico, ideologico e culturale. Taluni dei libri e documenti saccheggiati, quelli meno significativi, venivano distrutti o avviati al macero. Altri, quelli di maggior rilievo per la qualità del contenuto o per la loro rarità, erano destinati ad essere conservati e studiati quale documentazione di una “civiltà scomparsa”.

Durante la repubblica Sociale molti ministeri ed uffici nazionalsocialisti inviarono propri rappresentanti in Italia per rastrellare il paese alla ricerca di materiale da trasferire in Germania. Giunsero anche gli uomini del cosiddetto “Amt Rosenberg”, l’organizzazione maggiormente coinvolta nell’attività di saccheggio di oggetti culturali nei paesi occupati. Al vertice di quella struttura era il gerarca nazista Alfred Rosenberg, ministro per i paesi occupati dell’Est. Rosenberg aveva anche progettato una Hohe Schule der NSDAP, un centro intellettuale del partito nazista che avrebbe dovuto sostituire un giorno le università tedesche. Per la Hohe Schule era prevista la creazione di una biblioteca centrale (Zentralbibliothek) e di Istituti di ricerca aggregati alla Hohe Schule. Uno in particolare, l’Institut zur Erforschung der Judenfrage (IEJ) con sede a Francoforte sul Meno, era destinato a ricevere i libri sequestrati nei paesi occupati.

I sequestri vennero organizzati dal ramo operativo dell’Amt Rosenberg, cioè il cosiddetto ERR (Einsatzstab Reichsleiter Rosenberg), che a sua volta era organizzato in varie ramificazioni. Per fare i sequestri in un nuovo paese occupato, veniva creato un Sonderkommando Reichsleiter Rosenberg o un Arbeitsstab Reichsleiter Rosenberg, sempre all’interno dell’ERR. Erano depredate le proprietà degli “ebrei fuggiti” e di altri “nemici del popolo tedesco”, in particolare venivano rastrellate “tutte le biblioteche statali, comunali e dei partiti”, le scuole e le università nei paesi occupati per trovare materiali da utilizzare ai fini ideologici). All’interno dell’ERR furono istituite, nel luglio 1940, diverse ramificazioni tematiche, ciascuna denominata Sonderstab (ufficio speciale). Ogni ramo era dedicato ad uno specifico settore culturale: Sonderstab Bildende Kunst (opere d’arte), Sonderstab Kirchen (chiese), Sonderstab Musik (musica) e altri ancora per Presse (stampa), Volkskunde (etnologia), Wissenschaft (scienze), Archive (archivi) e infine Bibliotheken (biblioteche).

L’ERR fu l’organizzazione principale impegnata nelle razzie del patrimonio culturale ebraico, ma non l’unica. Il patrimonio librario di provenienza ebraica veniva prelevato e gestito da almeno due organizzazioni naziste, che miravano, in concorrenza tra di loro, all’istituzione di una grande biblioteca centrale specializzata in Hebraica e Judaica: l’Amt Rosenberg e il Reichssicherheitshauptamt (la Centrale di polizia nazista – RSHA), che raccoglieva il patrimonio librario per avere uno strumento di informazione sui “nemici” del nazismo.

Nel 1940 fu creata una biblioteca all’interno dell’RSHA – Direzione Generale VII, Divisione VII A 1 (“Nemici ideologici”). Alcuni ebrei tedeschi furono costretti a prestarvi servizio come bibliotecari addetti alla catalogazione del materiale ebraico, giacché il personale SS non possedeva le adeguate competenze. Furono trasferite a Berlino, dove funzionavano vari depositi, alcune biblioteche ebraiche, come quella della comunità ebraica di Breslavia e quella di Königsberg. Fino all’agosto 1943 vennero raccolti circa 500 mila libri. Doppioni, anche se preziosissimi, furono distrutti. Dopo l’estate 1943 i libri furono evacuati da Berlino, per essere conservati in depositi in Slesia e nei Sudeti.

In seguito agli avvenimenti bellici, con l’avanzata dell’Armata Rossa, questi materiali vennero sequestrati dalle autorità sovietiche e trasferiti in Urss. Conseguentemente, la Commissione ha dovuto prendere in esame anche questo filone di ricerca.

La concorrenza esistente all’interno dello Stato nazista per il controllo dei libri ebraici sequestrati ha dunque condizionato e reso più difficile la ricerca della biblioteca romana scomparsa. La Commissione infatti ha sempre dovuto seguire due possibili piste di ricerca: una che ipotizzava il trasporto dei libri verso le strutture create dall’Amt Rosenberg, probabilmente a Francoforte (oppure nella sede centrale di Rosenberg a Berlino); una seconda, non trascurabile, verso la centrale delle SS a Berlino.

Accanto alla ricerca materiale della biblioteca scomparsa, la Commissione ha sempre cercato un’evidenza documentaria (cioè archivistica) che testimoniasse il percorso dei trasporti. Non potendo escludere un coinvolgimento delle SS, anche la ricerca archivistica ha dovuto prendere in considerazione sia il coinvolgimento delle strutture dell’Amt Rosenberg sia l’operato della polizia di sicurezza nazionalsocialista. Bisogna comunque precisare che sebbene sia noto che le attività sistematiche di furto vennero eseguite sia da parte delle SS che dell’Einsatzstab Reichsleiter Rosenberg (ERR), tuttavia tali attività non sono ancora state adeguatamente individuate e studiate anche a causa della dispersione e distruzione delle fonti.